Le
foto proposte sono tratte in massima parte dall’archivio
fotografico di ATTILA SCOTTO DI UCCIO (ATTILUCCIO), grazie
alla gentile concessione della figlia Adriana, che è
riuscita a recuperare con fatica, pellicole d’epoca,
che rappresentano i momenti salienti della storia del Lido,
dalla sua fondazione fino alla seconda metà degli anni
60.
In quell’epoca la fotografia in bianco e nero, richiedeva
una particolare abilità, (che nel caso di Attiluccio
tende a sconfinare nell’arte), nel fissare momenti di
eventi lieti o drammatici, ma grazie al fatto che al fotografo
era affidato l’intero processo di produzione dell’immagine,
dallo scatto alla stampa, alla custodia, ne faceva il più
autentico testimone di tutto ciò che accadeva in un
ambito, anche per gli anni a venire.
Bastava recarsi allo studio di Attiluccio, raccontare anche
fumosamente un evento ed ecco, come per magia, trasformarsi
il racconto in immagini; diventava possibile individuare i
protagonisti, i luoghi, le date, rinverdire la memoria, ricostruire
una storia in tutti i suoi risvolti.
Il particolare rapporto di amicizia fin dall’infanzia,
che legava Pasqualino e Attiluccio, faceva sì che il
fotografo intervenisse in piena autonomia; spesso senza nemmeno
essere convocato e probabilmente pagato se non per i costi,
sì che le immagini travalicano l’ufficialità
degli eventi rappresentati, dando sfogo all’estro e
all’arte del fotografo che si sofferma su volti, gruppi,
particolari, che non sempre appartengono ai protagonisti dell’evento
stesso.
Questo modo di rappresentare conferisce alle immagini un fascino
inconsueto, collocando le sequenze delle immagini in un’atmosfera
neorealista: da un sindaco ritratto ripetutamente, alle prese
con la sua sigaretta, mentre pronuncia il discorso ufficiale,
mentre premia la Miss Lido, alla giuria al lavoro, permanentemente
assediata da gruppi di persone che tifavano ciascuno per la
propria concorrente, quasi a sorvegliare che non avvenissero
“pastette”. Questa delle pastette era un’accusa
da cui nessuna giuria si è salvata.
E che dire di una presentatrice, che in pieno agosto, sottolineava
l’eleganza del proprio abbigliamento con una stola di
visone.
Infine il pubblico: facce mai anonime o insignificanti. Ogni
faccia rappresentata e tradisce un’emozione provata,
in un momento di svago tutto sommato semplice e innocente,
che con gli occhi di oggi, strapperebbe facili sorrisi. Lavoratori,
gente comune, con i volti segnati dalla fatica e arrostiti
dal sole, i vitelloni dell’epoca, che non perdevano
occasione per sfoggiare il loro gallismo, bambini curiosi,
le cui teste fanno capolino in una selva di gambe, ragazze
con larghe gonne a campana, qualcuna con i primi pantaloni
o con casti costumi da bagno, che lasciando quasi tutto all’immaginazione,
erano portatrici di una sensualità perduta per sempre.
Tuttavia, l’occhio del fotografo, sia pure a tratti
indiscreto, rivela sempre buongusto e senso della misura,
senza mai scadere nella banalità, nella facile ironia
o nella volgarità.
Il Lido in quegli anni, con le sue Miss, Ondine, Mister, con
i suoi balli in onore, e le sue feste, rappresentava nell’estate
procidana il luogo della maggior parte degli eventi mondani,
o anche “della perdizione”, come fu definito da
qualche moralista eccessivamente benpensante e perfino da
qualche sacerdote.
L’espressione “Vai al Lido, vai!” coniata
da Peppino Battaglia, annunciatore ufficiale di tutti gli
eventi che accadevano a Procida, divenne sinonimo di “Vai
a quel Paese o Vai all’Inferno”.
Peppino Battaglia girava a piedi per le strade aiutandosi
con una campanella strillando a viva voce: “Questa sera
al Lido…! Questa sera al cinema Moderno…!”
La macchina con l’altoparlante montato sul tetto fu
un’altra delle innovazioni introdotte da Pasqualino,
a seguito del ritiro di Peppino Battaglia; innovazione imitata
quasi subito dalla politica, che è diventata un mestiere
e che dura fino ai giorni nostri.
Il Lido superata qualche difficoltà di avvio, divenne
un luogo frequentato da tutti; dai “Furastieri”,
come venivano definiti all’epoca i pochi villeggianti
e turisti, ma soprattutto dai procidani, di ogni estrazione
sociale.
Quella voglia di svago, di evasione dalle durezze della vita
quotidiana testimoniava anche l’ansia di riscatto di
un popolo, uscito da poco dal disastro del fascismo e della
guerra, che a Procida come in tutta Italia aveva voglia di
rinascere, di riprendere un’esistenza normale, di concedersi
qualche momento di svago dalla fatica di ricostruire ciò
che era stato distrutto, di rifondare un Paese e le sue Istituzioni,
assieme a una società civile basata su nuovi Valori.
Pasqualino Schiano era perfettamente consapevole di questo
diffuso stato d’animo. Per rispondere a questa domanda
aveva realizzato l’impresa; prima con altri due soci,
Giorgio Abate e Porfirio Colandrea, per poi proseguire da
solo dopo appena due anni.
Uno stabilimento balneare, a Procida, su una spiaggia situata
in una landa desolata, che poteva essere raggiunta solo percorrendo
una mulattiera polverosa, una spiaggia che serviva ai “Parulari”della
Chiaolella per lavare i ciucci e ai pescatori per asciugare
le reti, appariva a molti, in quegli anni, un’impresa
destinata ad un sicuro insuccesso; i commenti sfavorevoli
e perfino derisori di cui l’iniziativa fu bersaglio,
superarono di gran lunga l’incoraggiamento ricevuto.
La storia del Lido non è di per sé straordinaria;
come tutte le storie delle piccole aziende familiari, ha avuto
i suoi alti e bassi, periodi bui e difficili si sono alternati
a momenti più felici, ma si tratta di una storia lunga
mezzo secolo, profondamente intrecciata con le vicende della
comunità isolana e in particolare della Chiaiolella.
La Mostra, come tutte le iniziative legate ai cinquanta anni
di vita del Lido, non ha uno scopo autocelebrativo, anche
se non si nasconde l’intento di rendere omaggio al suo
fondatore, Pasquale Schiano Lomoriello, ai suoi meriti e ai
suoi sacrifici. Chi lo ha conosciuto e lo ricorda, sa che
la retorica non apparteneva al bagaglio del personaggio.
Le immagini rappresentate sono organizzate in sequenza temporale
per quanto è stato possibile, ma non mancano vuoti
e soluzioni di continuità.
Le proponiamo con l’intento di iniziare un percorso.
Saremmo grati a tutti coloro, che riconoscendosi nelle immagini
e negli avvenimenti, potessero aggiungere un ricordo, un aneddoto,
un particolare comunicandolo per iscritto o a voce, in modo
da aggiungere un’altra tessera al mosaico.
Alla fine di questo percorso, la nostra massima ambizione
sarebbe la realizzazione di una pubblicazione, che ricostruendo
e ricomponendo insieme nella maniera più notarile possibile
vicende diverse, potesse rappresentare per i procidani un'altra
testimonianza del vissuto di questa comunità.
luigi schiano
|